Capricci

Capricci a 3 anni: come gestirli?

Siete in spiaggia e il tuo bambino di 3 anni (o la tua bambina) sta giocando nell’acqua; si sta facendo tardi e lo richiami per uscire. Lui però non vuole venire via perché si sta divertendo molto. Allora tu insisti, fino al punto di doverlo prendere per la mano; lui però si mette a piangere e si stende a peso morto. Così tu sei costretto/a a prenderlo in braccio e a trascinarlo fuori dall’acqua, tra mille capricci.

Quella bella giornata che avete trascorso assieme si è trasformata in un piagnisteo che vi accompagna per tutto il viaggio di ritorno. Lui piange per tutto il viaggio in auto e poi tiene il broncio anche a casa, rifiutandosi di mangiare la cena.

In queste situazioni, alcuni bambini vengono persino maltrattati dai genitori per risolvere la situazione; i genitori però non possono picchiare i bambini, e come ti ho spiegato altre volte questo non risolve il problema ma lo sposta e lo amplifica.
Tuttavia, su quella spiaggia risuona dentro la tua mente una sola domanda: “Capricci a 3 anni, come gestirli?

Sono cose che succedono; ma sappiamo bene che staremmo meglio se non succedessero con una simile intensità o con tanta frequenza. Se sei di questa idea anche tu, sei arrivata/o nel posto giusto, perché ho alcune idee da darti affinché superi una volta per tutte momenti come questo. 

  1. Capricci a 3 anni: come gestirli con la leva giusta
  2. Il comportamento del bambino, tra permissivismo e autoritarismo
  3. Evitare l’addestramento e imparare ad educare

1. Capricci a 3 anni: come gestirli con la leva giusta

I 3 anni sono un’età cruciale per un bambino. Le competenze di bambini di 3 anni sono notevoli rispetto alle fasi precedenti, così come l’autonomia: il bambino ora cammina, salta, corre e si arrampica con una certa disinvoltura; ma inizia soprattutto a parlare.

Questo aspetto è estremamente importante; forse non lo sai ma lo sviluppo linguistico e lo sviluppo del pensiero sono estremamente intrecciati l’uno all’altro. Questo significa che attraverso il linguaggio è possibile favorire in maniera ancor più forte l’uso del pensiero e tutto ciò che ne consegue: autocontrollo, gestione delle emozioni, ecc.

Perciò la sua capacità di linguaggio è la leva che puoi utilizzare per renderlo sempre più padrone dei propri comportamenti; non solo.
Puoi anche sfruttarla per orientare quei comportamenti sia verso forme accettabili per lui e gli altri, sia soprattutto a delle forme utili ad esprimere le sue potenzialità anziché oscurarle.

In parole semplici, un bambino che sia costantemente preda delle proprie emozioni e che per questo si impunti per ottenere tutto ciò che pretende, è un bambino destinato a realizzarsi prevalentemente soddisfacendo i propri istinti.

Al contrario, un bambino che sia padrone di se stesso, cioè abile a controllarsi, è un bambino che sarà certamente in grado di realizzarsi attraverso le proprie potenzialità e i propri talenti.

Immagino che tu voglia questo per tuo figlio. Perciò ora ti spiego attraverso un esempio come gestire i capricci di un bambino di 3 anni; così da avere il tempo e la voglia di concentrarvi entrambi di più e meglio sui talenti che tuo figlio è in grado di esprimere.

Se il tuo bambino sta giocando nell’acqua e sai che l’uscita è un momento molto critico, è utile che tu gli stia vicino anche se lui gioca da solo, per anticipare il momento critico. Di tanto in tanto gli parli e lo fai parlare, per aiutarlo ad acquisire consapevolezza del momento e decentrare la sua attenzione dall’ansia di finire quella bella esperienza (“Scommetto che rimarresti qui fino a domani.”; “Cosa ti piace fare di più al mare?”; ecc.).

In questo modo lui può governare meglio la situazione e tu puoi trovare degli elementi su cui fare leva per farlo evolvere (“Ti piacciono i castelli di sabbia? Allora appena usciamo dall’acqua possiamo farne uno piccolo mentre ci asciughiamo.
In questa fase sono molto importanti per lui anche i «perché»: li chiede rispetto ad un fatto ignoto, apprezza che glieli si proponga (ad esempio, ci si può interrogare sui granchi, sulle barche all’orizzonte, ecc.).

In sostanza, più la parola e il dialogo sono presenti nell’interazione tra genitore e adulto, più il rapporto tra i due è sereno e il bambino si lascia condurre.
Qualche attrito ci può essere sempre, ovviamente, ma sarà minimo; ad ogni modo, ora ti spiego come destreggiarti tra permessivismo e autoritarismo.

2. Il comportamento del bambino, tra permissivismo e autoritarismo

Come conseguenza allo sviluppo delle abilità di cui sopra, il tuo bambino acquisisce naturalmente una maggiore consapevolezza della propria capacità di intervenire su cose e persone. Si sente forte, abile, a tratti anche onnipotente.

Questo può creare qualche difficoltà alle persone che lo gestiscono, perché sentono il peso di governare tutta l’energia di un bambino con nuove abilità e possono faticare a disciplinarne il comportamento.

La tendenza di molti genitori è di usare sistematicamente il «no!» con il proprio figlio, con l’obiettivo di porre un freno alle sue intemperanze. Questo atteggiamento è avvalorato anche da certa letteratura, ma questo messaggio può essere pericoloso da dare ai genitori e ti spiego la ragione.

In educazione ci sono le mode. Un tempo c’era chi sosteneva che il bambino andasse inquadrato con regole ferree, anche con l’uso della coercizione. Poi si è capito che era del tutto improprio, anche perché bambini picchiati dai genitori crescono profondamente insicuri.

Alcuni autori, spesso privi di competenze pedagogiche, hanno sostenuto la tesi opposta, cioè lasciar fare al bambino ciò che vuole; ma ovviamente anche questa prospettiva si è rivelata inadeguata. Perciò ora si sa che la giusta via è quella di un buon compromesso tra permettere e vietare, benché non tutti siano in grado di capire dove esso si trovi.

Ti capiterà, infatti, di leggere diversi libri o articoli in cui ti viene detto cosa devi fare con tuo figlio. Già questo ti fa capire come sia superata la concezione pedagogica di alcuni autori. Io non direi mai a te cosa devi fare o dire a tuo figlio. Solo tu puoi sapere come utilizzare le mie riflessioni e quelle di altri esperti per l’interesse di tuo figlio. Questa è la ragione per la quale io utilizzo molti esempi concreti e sollevo in te molte domande.

Fornisco certamente più domande che risposte, ma lo faccio perché così ti sono di maggiore aiuto per farti personalizzare il tuo ruolo genitoriale attraverso l’approccio critico che utilizza uno specialista dell’educazione.

Ponendoti molte domande, non dai mai nulla per scontato e non cadi nel tranello di dirigere il tuo bambino in modo autoritario. Inoltre, chiedendoti come agire sei proattivo verso di lui e non ti pieghi ai suoi capricci. In una parola, sei in grado di porti come un genitore «autorevole».

Tornando al tema dei capricci e a come disciplinare il comportamento del bambino, la congrua via di mezzo per un genitore consiste proprio in questo, nell’essere una figura autorevole ai suoi occhi.

Ciò che inevitabilmente non si può fare, va di certo vietato. Penso alla sicurezza del bambino e all’esposizione ai rischi, ma soprattutto alla gestione delle emergenze. Per tutto quanto il resto, invece, serve esercitare l’autorevolezza.

A te che non piace seguire la moda e vuoi capire una volta per tutte quale sia la strategia migliore per favorire la crescita del tuo bambino con questo approccio, suggerisco di continuare a leggere ciò che ho da dirti.

3. Evitare l’addestramento e imparare ad educare

Un bambino non è un robot e il tuo compito di genitore non è quello di addestrarlo. Per queste due semplici ragioni, la cosa più sensata da fare è ascoltarlo e imparare da lui il modo migliore per fargli esprimere i suoi talenti.

Un’educazione focalizzata solo sui divieti è zoppa; non permette al genitore di comprendere fino in fondo il proprio bambino. Mi spiego meglio.
È evidente che se il bambino si allontana e si dirige verso la strada o in mare aperto, lo devi fermare. È evidente che non puoi lasciarlo libero se corre un pericolo. Così come non è lui a decidere se rimanere nel mare a giocare o se tornare a casa. Ma c’è modo e modo per farlo.

In educazione, non è sufficiente ordinare al bambino di uscire subito dall’acqua. Infatti lo scopo per il quale glielo chiedi non è di costringerlo ad obbedire a te, ma di evitare di farsi male, oppure di asciugarsi per non prendere freddo, o altro ancora.
Bisogna, quindi, dimostrargli che quella richiesta ha un senso preciso ed è un suo vantaggio accettarla. Non lo si può fare con le parole che si userebbero con un adulto; è necessario trasmetterglielo attraverso i canali che lui è in grado di comprendere a 3 anni.

Per queste ragioni, ti sconsiglio vivamente di seguire un’educazione direttiva, dicendo al bambino continuamente cosa deve o non deve fare (autoritarismo). Esattamente come ti sconsiglio di lasciare che sia il bambino a dirtelo (permissivismo). Il bambino va stimolato a conoscere innanzi tutto i lati positivi delle cose che gli si propongono, e questo è possibile attraverso un’educazione democratica (autorevolezza).
Come al solito, ti faccio un esempio concreto:

Se uso un linguaggio direttivo (“Esci dall’acqua!”), addestro il bambino, lo istruisco a compiere o non compiere delle azioni: imparerà certamente a seguire delle procedure, ma sarà fragile nel farlo perché non le comprenderà e non saprà maneggiarle. Sicuramente questo tipo di linguaggio può servire in alcune situazioni, ma non può costituire la struttura di una normale relazione educativa.

Se invece uso un linguaggio democratico (“Alex, tra un po’ ci dobbiamo preparare. Puoi giocare ancora un momento, finché ti chiamo.”), educo il bambino a riflettere sulla regola che gli sto trasmettendo.
Se poi lo accompagno nel farlo o gli mostro come fare (“Facciamo un ultimo tuffo assieme e poi ci asciughiamo?”) e i vantaggi di seguirla (“Alex, a casa ci aspetta una bella pastasciutta!”), lo stimolo ancor di più ad attenervisi.
Infine, se valorizzo anche la sua capacità di seguire la regola che gli ho trasmesso (Alex non vorrebbe uscire ma cerca di sforzarsi: “Bravo, Alex! Dimmi, come vorresti la pastasciutta?”), lui si sente gratificato e non sente un gran bisogno di mettere in discussione la regola o il mio ruolo.

Pertanto, per gestire i suoi capricci, la parola d’ordine per te dev’essere «dialogare». Una volta che ti abitui a discutere con lui per anticipare le situazioni più complicate e ad accompagnarlo sistematicamente con un approccio non direttivo, ti accorgerai che i capricci assumeranno una dimensione molto più gestibile e priva di angoscia per entrambi.

A questa età, infatti, se cominci invece a pensare principalmente a come gestire i suoi capricci, rischi di perdere completamente la bussola. È molto più semplice ed efficace lavorare giorno per giorno per far interiorizzare le regole con un linguaggio non direttivo. Nella peggiore delle ipotesi, potrai sempre fare riferimento alla mia breve Guida sui capricci; ma probabilmente non avrai nemmeno bisogno.

Pierluigi

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