Come educare un bambino: una breve guida

come educare un bambino

Mary ha delle difficoltà a gestire il proprio figlio. Gli vuole molto bene ed è sempre pronta a cercare di capirlo, ma spesso ha dei dubbi su come educare un bambino e si sente piuttosto insicura nel suo ruolo di madre. Dargli attenzioni o non dargliene? Aiutarlo a superare le sue difficoltà o lasciare che si arrangi? Rimproverarlo quando fa i capricci o cercare di parlargli con calma?…

Anche Lorenzo, il suo compagno, si pone le stesse domande. Fino alla nascita del loro bambino non si era mai posto il problema di come educare i figli, perché riteneva che fosse una cosa naturale e che in qualche maniera ce l’avrebbe fatta. Ora, invece, si è accorto che il ruolo genitoriale lo pone continuamente di fronte a delle scelte complicate, che richiedono lunghe riflessioni e non sempre danno gli effetti sperati.

Ci sono molte persone come Mary e Lorenzo; vorrebbero dare il massimo al loro figlio, per aiutarlo a crescere e a realizzarsi pienamente nella vita, ma si sentono incerte e faticano molto.

Se anche tu ti trovi in una situazione simile alla loro e ti chiedi spesso come educare un bambino, attraverso questo articolo potrai acquisire una maggiore sicurezza come genitore. Se anche tu stai vivendo una situazione del genere e, in diverse occasioni, non sai come esercitare il ruolo di genitore con tuo figlio e come lavorare in sinergia con il/la tuo/a partner, ti suggerisco di proseguire la lettura.

Infatti, ti fornirò delle indicazioni precise su questo e anche degli esempi concreti sul modo migliore di farlo nelle diverse fasi dello sviluppo del bambino, affinché tu e la tua famiglia possiate sentirvi un equipaggio affiatato nell’affrontare il mare dell’educazione.

Attraverso i piccoli accorgimenti che ti suggerirò, potrai riportare immediatamente la relazione con tuo figlio entro i confini di un rapporto sereno e collaborativo, soddisfacente per la vostra intera famiglia. Non aggiungo altro, ti auguro una buona lettura! 

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1. Gli ingredienti di base per educare un bambino

Conosco piuttosto bene i dubbi e i timori che si creano quando si hanno dei figli o si è prossimi ad averne. Non solo perché sono un pedagogista e ho seguito numerose famiglie nel corso della mia esperienza professionale; ma anche perché sono un padre, e le cose di cui parlo le ho vissute concretamente nel mio contesto famigliare.

La nostra mente ci porta spesso a riflettere su come sarà il futuro dei nostri bambini, su come saranno da adolescenti, su come si evolveranno e su come si trasformerà il nostro rapporto con loro. Questo avviene perché ci accorgiamo giorno dopo giorno che molti aspetti cambiano ad una velocità impressionante, sia nei bambini che in noi stessi.

Le domande educative che ci poniamo derivano dalla voglia di cercare di fare del nostro meglio; in certi casi, però, derivano anche dalla nostra difficoltà a sentirci sufficientemente stabili e sicuri nella nostra posizione rispetto al bambino.

In alcune circostanze, infatti, sentiamo un po’ vacillare il nostro ruolo. Penso ad esempio ai bambini vivaci e a come educarli oppure ai capricci dei bambini, cioè a quei momenti in cui vorremmo avere subito a portata di mano la soluzione ad un problema ma non l’abbiamo; e quando ce ne viene in mente una, non sappiamo mai fino in fondo quali effetti creerà o se ci indurrà in un altro errore.

Anche perché la condizione in cui vive spesso il genitore è quella di un ordinario stato di emergenza: manca il tempo, mancano le energie, le circostanze in cui si interviene tendono ad essere inadeguate, ecc.

Se il tuo bambino ha bisogno di te non ti avvisa la settimana prima, poiché la sua necessità, il suo bisogno di supporto o la sua sofferenza richiedono il tuo intervento istantaneo; e ciò avviene di continuo. Chiaramente, questo aggiunge insicurezza alle perplessità che già si hanno.

Ci sono naturalmente molti dubbi in tutti noi e credo sinceramente siano ben poche le persone che non se li pongono. Essendomi avvicinato alle perplessità di molte mamme e molti papà, oltre naturalmente alle mie, ho voluto provare a condensarle tutte attorno ad un unico grande quesito, al quale cerco di dare qualche risposta concreta, anche se ancora parziale rispetto alla vastità del tema: come educare un bambino?

La soluzione che ti offro, e che approfondirai leggendomi, è molto semplice perché è fortemente intuitiva; si compone di tre ingredienti:

la giusta dose di consapevolezza sullo sviluppo del bambino e sui suoi bisogni;

tanta serenità nel proprio modo di agire verso il bambino;

– la possibilità di seguire i principi educativi che garantiscono una sufficiente efficacia al proprio ruolo genitoriale.

2. Un efficace approccio educativo

I criteri che io adotto per coniugare questi tre elementi seguono i principi di un approccio educativo di tipo democratico; si tratta di un approccio che permette di educare senza punire, di dare delle regole purché siano sempre “per” il bambino e mai “contro” il bambino (cosa non scontata nella prassi di molti genitori), di farsi rispettare dai figli ma senza mortificare mai la loro autostima. Questo è ciò che cerco di trasmetterti con parole semplici, sia in questa pagina sia anche attraverso il blog e le diverse risorse che metto a tua disposizione su questo portale.

L’educazione dei figli non è un tema banale e si presta a facili fraintendimenti, anche da parte di chi lavora in questo settore; infatti ho ritenuto necessario dedicargli un intero articolo, che ti può essere utile se vuoi conoscere meglio l’educazione.

Adesso mi limito solo a dirti che l’errore più comunemente commesso in educazione è voler trasferire sul bambino il proprio modo di vederlo e le proprie aspettative. Questo fenomeno si chiama anche «equazione personale» e si verifica quando consideriamo l’altro come se fossimo noi.

Se ci pensi per un istante, è piuttosto frequente vedere dei genitori che spingono i figli ad impegnarsi in qualcosa solo perché ne sono interessati loro. La scelta dello sport è uno dei tanti esempi che si potrebbero fare: è il caso in cui un bambino viene mandato a calcio, a tennis o a volley, con la speranza che diventi un grande professionista; un professionista che il genitore non è stato ma che avrebbe voluto essere. Potrei elencarne parecchi altri, per esempio quelli che riguardano la scelta degli studi.

Tutto questo, ovviamente, ha ben poco di democratico; così come è poco utile a far emergere i talenti del proprio figlio per consentirgli di realizzarli. Io invece intendo offrirti una visione diametralmente opposta, capace di tenerti il più lontano possibile da questo fenomeno, in modo da permetterti di vedere il tuo bambino, i suoi bisogni, le sue potenzialità e le sue aspirazioni attraverso i suoi stessi occhi.

Infatti, seguendo i suggerimenti che ti fornisco sarai in grado di agire nei suoi confronti nel modo più efficace possibile, per tutelare al meglio il suo percorso di crescita.
Per aiutarti ad entrare in questa prospettiva, ti fornirò innanzitutto una sintesi chiara sull’educazione, in modo che tu possa comprendere una volta per tutte cosa sia; e soprattutto come utilizzarla concretamente, sin da subito, nel rapporto quotidiano con tuo figlio.

3. Una definizione di «educazione» chiara e applicabile

Sono affascinato dal mondo dell’educazione da quando ero bambino. Credo di aver osservato e riflettuto su così tante situazioni educative da aver compreso piuttosto bene il modo in cui si svolgono le dinamiche tra genitori e figli.

Non mi sono fermato solamente alla curiosità del bambino che ero, ma ne ho fatto tesoro per orientare la mia formazione verso dei traguardi più ambiziosi, come quello di diventare un pedagogista.

Ho seguito centinaia di bambini, lavorando con le rispettive famiglie per favorire in loro un rapporto sereno, focalizzato sulla promozione delle migliori opportunità di crescita dei loro figli.

Spesso si trattava di bambini con particolari difficoltà o anche con dei gravi disturbi, con problemi di comportamento piuttosto pesanti; e in molti casi le famiglie stesse vivevano delle situazioni di disagio particolarmente intense.

In tutti i casi che ho seguito ho trasmesso ai genitori i principi educativi di base della moderna pedagogia professionale, fornendo loro semplicemente una prospettiva chiara del proprio ruolo genitoriale, secondo l’approccio di cui ti voglio parlare.

In questo modo, sono riusciti ad avere una visione del bambino unitaria e non solo centrata sul suo problema o sul suo disturbo. Prima, invece, l’attenzione dei professionisti che si occupavano del bambino era focalizzata esclusivamente sul problema di quel bambino.

Ora intendo mettere a tua disposizione alcune delle cose più rilevanti che ho imparato sull’educazione nell’infanzia. Se sei interessato a vivere con maggiore sicurezza e serenità il tuo ruolo di genitore, ti propongo di continuare nella lettura, così da capire come riuscire meglio nelle cose in cui fino ad ora hai incontrato degli insuccessi educativi.

Dato che affronto questo tema in modo più dettagliato in un altro post, ora ti voglio dare solamente una definizione di educazione che ti sia utile a capire in ogni momento quale direzione dare alle tue scelte. Non mi dilungherò in un trattato sulla storia dell’educazione, te la farò molto breve.

Ci sono diverse definizioni che reputo sufficientemente concrete per darti degli elementi spendibili nella tua esperienza; una delle più pertinenti è certamente quella del prof. Piero Crispiani, il mio più alto riferimento in pedagogia speciale, che considera l’educazione come un «aiuto allo sviluppo della personalità» di un individuo.

A partire da questa definizione, puoi comprendere che, come genitore, partecipi continuamente allo sviluppo del tuo bambino e lo fai attraverso l’aiuto che dai alla realizzazione delle sue potenzialità. Rispetto a molti altri genitori, ora possiedi un primo solido punto di appoggio, che non è poco: l’obiettivo che i puoi dare è aiutare in ogni frangente a realizzare le proprie potenzialità.

Possiamo quindi fare il passo successivo, e chiederci come educare: con quali strategie, quali strumenti, quali risorse aiutare lo sviluppo. Il modo che ti propongo si realizza attraverso un approccio educativo di tipo democratico, che parte da una visione dell’educazione centrata sul bambino ed è finalizzato a consentirgli il migliore sviluppo possibile, cioè la massima espressione di se stesso e dei propri talenti.

Ti potrà sembrare scontato, ma ti assicuro che è prassi abbastanza diffusa sia tra i genitori, sia anche tra insegnanti e altre professioni di aiuto, quella di centrare gli aspetti educativi sui propri obiettivi anziché sul bambino. Il che denota un approccio educativo non propriamente democratico.

Per esempio, se mi dedico alla tua educazione perché voglio che tu raggiunga un risultato che io ho deciso a priori, partendo dalle mie aspirazioni nei tuoi confronti, allora non ti sto educando, ti sto addestrando a raggiungere degli obiettivi che non sono centrati su di te.

Se parto, invece, da te e da ciò che osservo in te giorno dopo giorno, per riflettere sui tuoi bisogni e su come permetterti di realizzarti, allora il mio approccio educativo è realmente centrato su di te ed è efficace nel permettermi di aiutare il tuo sviluppo. Ora vediamo come iniziare ad adottarlo.

Prima abbiamo introdotto tre aspetti su cui si fonda questo approccio, la consapevolezza, la serenità e l’efficacia. A questo punto, per consentirti di farli pienamente tuoi e riuscire a creare per il tuo bambino le condizioni per fargli esprimere tutte le sue potenzialità, ti presento tre strategie elementari su cui puoi lavorare per esercitare con adeguatezza la funzione educativa che ti compete come genitore. Riuscirai a darti qualche risposta più precisa su come educare tuo figlio.

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4. Quale leva esercitare per favorire al meglio lo sviluppo del tuo bambino

La prima strategia che ti fornisco si ispira ad un principio base di pedagogia che si chiama «zona di sviluppo prossimale»; questo principio può avere un importante effetto moltiplicatore dell’efficacia del tuo intervento sullo sviluppo del bambino, in tutte le esperienze che lo coinvolgono.

Noi pedagogisti affrontiamo questo argomento di studio già nei primi corsi universitari; ma con un certo rammarico mi sono accorto che pochi colleghi, men che meno altri professionisti che si occupano di percorsi educativi o rieducativi, danno la giusta importanza a questo principio.

Ti spiego con un esempio molto semplice cosa significa lavorare nella zona di sviluppo prossimale di tuo figlio. Quando gli fai fare qualcosa di nuovo, come un gioco, un’abilità motoria, un compito scolastico o una prova di qualunque tipo, le situazioni che gli si presentano possono essere queste tre:

A) il compito è molto al di sopra delle sue capacità: in questo caso lui fallisce, perché le abilità che possiede non sono sufficienti a superarla; il risultato è che può sentirsi sconfortato e poco abile.

B) il compito è molto al di sotto delle sue capacità: in questa ipotesi lui lo supera, perché possiede delle abilità molto superiori a quelle necessarie; il risultato è che tende ad annoiarsi, perché il compito gli richiede pochissimo impegno.

C) il compito è esattamente al livello delle sue capacità: in questa situazione supera il compito, ma non si evolve; cioè lo stimolo non è adatto a favorire una crescita in quella specifica abilità, pertanto rimarrà sempre allo stesso livello.

Allora ti starai forse chiedendo di cosa abbia bisogno un bambino per evolvere; la risposta è che bisogna fornirgli degli stimoli «leggermente» superiori alle sue capacità attuali (zona di sviluppo prossimale). In questo modo lui è indotto ad impegnarsi per superare la prova, ma contemporaneamente può conseguire delle abilità maggiori rispetto a quelle che già possedeva. Questo è un esempio di come si debba riflettere nel proporre delle esperienze al bambino, ma non è una guida da seguire in tutte le attività quotidiane.

Quello che puoi fare come genitore, partendo da questo principio, è usarlo nei momenti in cui il tuo bambino incontra delle difficoltà. Immagina che abbia un compito da svolgere, non necessariamente scolastico, anche solo una mansione che tu gli affidi. Ipotizziamo che quella mansione sia troppo difficile per lui (fascia A); si sentirà inadeguato e tenderà ad abbandonarla oppure a farla male. Ora abbassa l’asticella delle tue richieste, rendendo quel compito molto più semplice (fascia C); lui si percepirà efficacissimo e sarà motivato a rimettersi in gioco per dimostrare a se stesso di possedere delle capacità.

A questo punto avrai recuperato la sua motivazione, che io ritengo essere il motore dell’apprendimento e dello sviluppo. Prima, però, di farlo cimentare con un livello più impegnativo in quella mansione, lo abituerai gradualmente a degli sforzi di intensità crescente, fino ad arrivare alla zona di sviluppo prossimale.

Una volta giunto là, grazie alla proporzionalità negli stimoli che sarai riuscito a dargli, lui sarà in grado di sconfinare oltre alla zona di sviluppo prossimale in modo del tutto naturale; e di estendere al meglio quella competenza secondo le proprie potenzialità.

5. Come assumere una corretta funzione di “guida” nei confronti del bambino

Fino ad ora hai compreso che l’educazione di tuo figlio deve partire da lui e arrivare a lui; dovrebbe però esserti anche chiaro che la leva da utilizzare per favorire la sua crescita consiste nella capacità di stimolarlo in modo consono al suo sviluppo.

Ora che disponi di un punto di partenza (il tuo bambino oggi), uno scopo (far emergere i talenti di tuo figlio) e una tecnica (la zona di sviluppo prossimale), ti spiego una strategia per metterli a frutto.

Utilizzerò una metafora, perché attraverso l’evocazione di una immagine è molto più semplice ed efficace trasmettere dei concetti, piuttosto che utilizzare dei complessi giri di parole. Pensa alla guida di un’automobile.

Se devi insegnare ad una persona a guidare, le devi spiegare il meccanismo di funzionamento del mezzo (l’uso della frizione, il cambio, i pedali…), le regole per andare sulla strada (le precedenze, i segnali, ecc.), i rischi che si corrono (procedure di emergenza, responsabilità, ecc.) e tutto il resto.

Fatto questo, dopo aver mostrato come muovere l’auto, l’aspirante automobilista inizia a prendere dimestichezza col mezzo, mentre tu siedi sul lato passeggero per verificare che guidi correttamente. Sarà tua cura spiegare le regole “in situazione”, cioè mentre l’esperienza della guida si realizza concretamente; magari disponi anche dei comandi per controllare l’auto in caso di necessità, ma lasci che sia l’apprendista a gestire il mezzo.

Nel momento in cui il tuo apprendista prende la patente, il tuo ruolo finisce. Avrai seminato anche bene, allertandolo su tutti i possibili rischi e sulle procedure da seguire in caso di incidente, ma non rientra più nelle tue possibilità dirgli dove andare. La scelta della strada da seguire sarà solo sua.

Sarà lui stesso a decidere quali saranno le sue mete, quale la strada migliore da percorrere per raggiungerle, a quale velocità andare, quanto affrettarsi per giungere a destinazione, se allacciare le cinture di sicurezza, ecc. Naturalmente dovrà seguire le regole del codice stradale, ma non ci sarai tu a sincerarti che le rispetti.

L’educazione avviene pressoché nello stesso modo, poiché “mette l’educando in condizioni ottimali e di massima libertà perché possa effettuare le sue scelte, autonomamente e nel modo più umanamente funzionale possibile; anzi, tanto più essa è buona, quanto più realizza questa libertà”. Questa definizione e l’esempio che ho riportato sono del prof. Franco Blezza, il mio più alto riferimento in pedagogia generale.

Infatti, tu crei le condizioni affinché tuo figlio possa iniziare a compiere le proprie scelte, ma poi è lui a decidere come muoversi. Seppur con forme e modi diversi, questo avviene in tutte le fasce d’età o, per meglio dire, in tutte le fasi di sviluppo: sia quando è piccolo, sia quando si sta avviando alla vita adulta.

Questo ti fa capire quanto sia importante sfruttare al meglio tutte le grosse potenzialità di un buon percorso educativo durante l’infanzia e l’adolescenza, per assicurarti che un domani il tuo bambino divenga un adulto realmente capace di fare delle scelte sensate e funzionali a realizzarsi pienamente.

Pertanto, la tua capacità di porti come un riferimento sicuro per lui, in caso di necessità, è la chiave di volta di questo percorso. Meglio riuscirai a farlo, più sereno ed efficace ti sentirai nel ruolo che svolgi; con tanti benefici per te, il tuo bambino e sicuramente anche il/la tuo/a partner.

6. Come esercitare le tre fasi dell’educazione

Se sono riuscito a trasmetterti l’importanza di affiancare il tuo bambino nel suo percorso di crescita, nel pieno rispetto dei suoi bisogni, ora immagino che avrai bisogno di comprendere come esercitare questo affiancamento ed essere concretamente uno stimolante punto di riferimento per lui.

L’opportunità di riuscire in questo intento dipende da quanto e da come sei in grado di essere presente nella sua vita. Quando dico di essere presente non intendo solo, o principalmente, la vicinanza fisica; mi riferisco soprattutto all’attenzione che riesci a dare ai bisogni di tuo figlio, e alla tua capacità di farti trovare presente nel momento di una sua reale necessità.

Non è facile capire qual sia il momento migliore o il modo più utile a esercitare questa vicinanza, perché ciò dipende anche da tanti fattori che non sono sotto il nostro controllo. La capacità che, però, è in grado di aiutarci in questo è la nostra sensibilità alle relazioni con gli altri.

Alcuni sono molto sensibili alle esigenze altrui, mentre altri non riescono facilmente ad entrare in sintonia con le esigenze personali ed esistenziali delle persone che hanno vicino. Ad ogni modo, questa capacità può essere coltivata al meglio, con l’abitudine ad interrogarsi su cosa stia provando il nostro bambino nei momenti di particolare sconforto.

Oltre a questo, se tu vuoi anche amplificare gli effetti di questa importante capacità sullo sviluppo del tuo bambino, la devi legare ad un “volano” che sia in grado di attivare le sue opportunità di crescita.

Il volano di cui ti parlo è costituito dai tre momenti dell’educazione, il cui passaggio dall’uno all’altro dipende proprio dalla tua sensibilità.
Sono le fasi che ti permettono di completare ed amplificare l’effetto delle due strategie di prima, la zona di sviluppo prossimale e la funzione di guida:

Fase 1: fare «per lui»: quando è piccolo e ancora non cammina, sei tu che lo porti in braccio e lo conduci dove lui ti chiede; lui vuole esplorare il mondo che lo circonda ma non ha ancora la capacità di farlo autonomamente, perciò tu ti sostituisci a lui e lo accompagni.

Fase 2: fare «con lui»: quando inizia a stare in piedi, tu gli offri il tuo appoggio per consentirgli di esplorare; ad esempio, gli dai una mano per aiutarlo a mantenere l’equilibrio mentre camminate insieme. Ora però lui riesce a condurre parte di quella esplorazione.

Fase 3: essere presente mentre «lui fa»: quando tenta di stare in piedi da solo e di camminare, magari reggendosi al divano, tu sei vicino a lui e lo osservi, ma non intervieni se non in caso di necessità; è lui ad agire ed esplorare, mentre il tuo compito è di semplice vigilanza.

Nel corso dell’infanzia, le situazioni in cui queste fasi si realizzano sono numerosissime e diverse, come è diversa la sensibilità che ciascuno di noi ha verso i bisogni del proprio bambino; cosa che ci fa esercitare la nostra funzione di guida in modi assai differenti l’uno dall’altro.

Una volta che lui cammina, potremmo girarci dall’altra parte senza curarci di lui; però potrebbe cadere e sbattere contro qualcosa di appuntito o giù dalle scale. Quindi questa sarebbe una scelta probabilmente avventata da parte nostra.

Potremmo invece continuare a tenergli la mano, per il timore che si possa fare anche una minima sbucciatura. Ma così facendo non gli permetteremmo di acquisire la necessaria familiarità con l’abilità di camminare, che gli consenta di potersi evolvere.

Tu però ora sai che in frangenti come questo puoi gestire bene la zona di sviluppo prossimale, e sei in grado di fare della tua sensibilità verso il bambino un motore per la sua crescita anziché un freno.

Alla luce delle cose che abbiamo visto, possiamo dire che educare il proprio figlio si può fare in modo molto sereno, esercitando semplicemente un ruolo di guida nei suoi confronti, che possa immergerlo nelle sfide della vita con una gradualità adeguata a sviluppare adeguatamente tutte le sue potenzialità.

Se educhi il tuo bambino seguendo questi principi elementari, eviterai molte delle difficoltà che incontra la gran parte dei genitori e riuscirai a rendere tuo figlio molto più sicuro di sé.

A questo punto, immagino che tu voglia anche imparare a riconoscere alcuni degli errori più frequenti commessi da molti genitori, per capire come prevenirli nella tua esperienza. In questo caso, se non vuoi più innervosirti con tuo figlio, puoi scaricare l’ebook che metto a tua disposizione gratuitamente e imparare ad evitare gli errori più grossolani nei quali potresti imbatterti.

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