Il tuo bambino di 1 anno ti mette a dura prova e hai un sacco di dubbi su come gestirlo. Temi di viziarlo troppo, ma non vuoi essere troppo rigido/a con lui.
Ti poni un sacco di domande su come educare un bambino di 1 anno, ma né tu né il/la tuo/a partner riuscite a darvi delle risposte sufficientemente adeguate sul vostro modo di gestire il bambino.
Attraverso esperti, amici e conoscenti ottenete indicazioni molto diverse e nessuna di queste vi soddisfa mai pienamente. Le domande che vi passano per la mente continuano ad essere sempre le stesse: devo essere più duro/a con mio figlio o è meglio che lo lasci più libero di esprimersi? Quando butta continuamente a terra tutti gli oggetti della casa, lo devo rimproverare? Se lo vizio troppo, come faccio poi a recuperare il mio ruolo? Va bene che dorma ancora nel lettone o è meglio che dorma nella sua cameretta?…
I dubbi su come educare bambini di 1 anno contraddistinguono ogni genitore che attraversa questa fase. Se la situazione che stai vivendo è simile a quella che ho appena descritto, allora posso fare qualcosa per aiutarti.
Nei successivi paragrafi, infatti, ti fornirò alcune utili indicazioni per capire come rispondere a tutte le tue domande. Riuscirai a dotarti di una strategia molto efficace, che ti permetterà di avvicinarti al tuo bambino con una maggiore sicurezza nei tuoi mezzi e ti darà la possibilità di evitare alcuni errori grossolani che si possono commettere.
Se mi segui da un po’ e hai letto la mia breve Guida su “come educare un bambino”, sai bene che la prima cosa sulla quale invito a riflettere tutti i genitori e anche le coppie in attesa, riguarda il senso che intendono dare all’educazione.
Perciò, se hai capito in che modo interpretare l’educazione di tuo figlio e anche tu ritieni utile pensarla come un aiuto allo sviluppo dei suoi talenti, qui mi limiterò a mostrarti come applicare quelle strategie educative con il tuo bambino di 1 anno per favorire la sua realizzazione personale. Ciò che ti propongo si ispira a questi principi:
– avere un punto di partenza: il tuo bambino, oggi;
– avere uno scopo: fare emergere i talenti di tuo figlio;
– saper applicare delle competenze pedagogiche di base, ovvero: esercitare una funzione educativa (o di “guida”); applicare correttamente le 3 fasi dell’educazione; dare al bambino gli stimoli corretti al suo sviluppo.
Come ho spiegato qui in modo più approfondito, il punto di partenza e il punto di arrivo per un genitore nell’educazione dei figli è rappresentato sempre e solo dal bambino stesso. La differenza tra i due punti riguarda, quindi, il bambino, che giorno dopo giorno è diverso da ciò che era prima.
Affiancandolo in questo percorso di crescita e di continua trasformazione, tu assumi una funzione educativa di “guida”. Non è un ruolo direttivo, ma è più simile ad un’attività di scuola guida, in cui si insegna a guidare un mezzo ma senza indicare la direzione da prendere.
Pertanto, tu agisci nei suoi confronti attraverso le 3 fasi dell’educazione: prima fai «per lui»; poi fai «con lui»; infine, quando è più sicuro, sei semplicemente presente mentre «lui fa».
Per svolgere bene questo ruolo di guida, lo scopo che ti puoi dare è fare emergere tutte le potenzialità del bambino e aiutarlo a svilupparle nel miglior modo possibile. Ora ti mostro come puoi utilizzare delle strategie adeguate a questo scopo con il tuo bambino di 1 anno.
Una delle strategie più efficaci per riuscire a dare al bambino degli stimoli adatti alla sua crescita è di muoversi attorno alla «zona di sviluppo prossimale» del bambino. Ad esempio, quando il bambino viene messo di fronte ad un compito troppo difficile, si sconforta; se invece ne affronta uno troppo facile si annoia; quando poi il compito è esattamente al suo livello di competenza non si abitua ad usare delle nuove capacità.
La soluzione ottimale è mettere il bambino in una situazione leggermente più difficile rispetto a ciò che lui è in grado di fare (zona di sviluppo prossimale); ora ti spiegherò come metterla in pratica, nella vita di tutti i giorni.
In apertura, citavo alcuni dei dubbi più frequenti in un genitore di un bambino di 1 anno; tra questi, c’era il problema degli oggetti buttati continuamente a terra.
Leggendo i consigli di vari commentatori, comprenderai che non ci sono delle idee molto chiare e coerenti su come intervenire.
Alcuni, infatti, dicono che serva vietare tassativamente la cosa al bambino e insistono sull’importanza di insegnargli il significato del “no”; è una cosa certamente utile, ma non si costruisce un’efficace relazione educativa sui divieti, quanto sul far comprendere i vantaggi di un comportamento più adeguato. Lo comprenderai bene continuando a leggermi qui e in tutti gli altri post.
Altri, invece, danno delle indicazioni molto generiche su come si dovrebbe intervenire; e comunque tendono a focalizzarsi sempre sui capricci del bambino, dando indicazioni sommarie e alimentandone nel genitore la fobia.
Io utilizzo questa situazione tipica solo a titolo di esempio, per trasmetterti una strategia che ti può essere utile in ogni frangente.
Iniziamo col dire una cosa: con un bambino di 1 anno, che sta imparando a camminare, è meglio se sposti tutte le cose fragili o pericolose della casa nei punti in cui non siano raggiungibili da lui.
La tua casa deve aiutare il bambino quanto più possibile a muoversi in sicurezza e deve spingerlo a crescere, anziché limitarlo. Non gli si può imputare a 12 mesi di aver rotto un vaso di cristallo se era alla sua portata; andava semplicemente spostato più in alto prima di lasciare che il bambino gironzolasse.
Detto questo, un simile comportamento del bambino va compreso e poi può essere accompagnato verso qualcosa di costruttivo, se necessario. Vediamo, quindi, come capire il modo più adeguato di agire quando butta per terra gli oggetti, attraverso la zona di sviluppo prossimale:
A) il compito è molto al di sopra delle sue capacità: se gli viene semplicemente detto che non va bene, senza spiegargli la ragione o spiegandogliela tramite concetti che non è in grado di comprendere, è difficile che lui capisca. Un bambino di 1 anno non è così sviluppato da comprendere gli effetti prodotti dai suoi comportamenti; men che meno riesce a capirlo attraverso parole complicate.
Se lui continua a buttare a terra gli oggetti e l’adulto insiste a dirgli semplicemente che non si fa, la cosa può anche innescare un circolo vizioso fatto di divieti e provocazioni.
B) il compito è molto al di sotto delle sue capacità: se lo si lascia buttare sempre tutte le cose a terra senza intervenire, o ci si limita a dirgli di no ma senza alcuna convinzione, il bambino sarà certamente stimolato dagli effetti prodotti sull’oggetto, ma non comprenderà che con quegli oggetti si possano fare delle cose più utili.
Quindi, non gli si dà la possibilità di esercitare altre capacità, come l’osservazione, la manipolazione, la riflessione, il piacere della scoperta, una nuova forma di gioco e altro. Inoltre, se lo si lascia fare lo stesso anche con oggetti che non potrebbe usare, non capisce che certe cose non sono nella sua disponibilità (ad esempio, la proprietà degli altri) e nel tempo questo può alimentare le occasioni di attrito tra lui e gli altri.
C) il compito è esattamente al livello delle sue capacità: se lo si lascia gettare a terra gli oggetti è importante coinvolgerlo a raccoglierli; ma questo non è sufficiente a far evolvere quel comportamento in qualcosa di più costruttivo.
Dato che abbiamo visto quanto sia importante fornirgli degli stimoli «leggermente» superiori alle sue capacità attuali, è utile arricchire questo aspetto dando al bambino delle idee alternative su ciò che potrebbe fare con quegli oggetti piuttosto che buttarli per terra.
Se ci sono dei soprammobili alla sua portata che lui prende e getta a terra, possiamo prima di tutto abbassarci all’altezza del bambino, raccoglierli e spiegargli con un atteggiamento di leggero disappunto l’effetto che potrebbe avere quel gesto. Cioè che l’oggetto si romperebbe e poi non ci sarebbe più nulla con cui giocare.
Detto questo, maneggiando l’oggetto con cura, si può far vedere al bambino che lo si può usare per fare qualche gioco. Per esempio, se ha la forma di un cavallino si può fare finta di farlo trotterellare.
I bambini apprezzano la vicinanza dell’adulto che dà loro attenzione; probabilmente è per questo che alcune volte assumono dei comportamenti che possono apparire scontrosi o disturbanti, come gettare le cose.
Quella ricerca di attenzione che il bambino manifesta buttando i giochi a terra, può essere canalizzata in una forma più accettabile con l’atteggiamento che ho indicato, trasmettendogli con il nostro comportamento questo tipo di messaggio: “Lo so Alex che cerchi la mia attenzione; ma non apprezzo che getti a terra le cose perché potrebbero rompersi. Inoltre, preferisco usarle per giocare con te, in questo modo. Invece, se le rompi poi non abbiamo nulla con cui giocare.”
Ovviamente, potrà succedere che lo faccia ancora, anche con altri oggetti; tuttavia, con un po’ di pazienza imparerà che cambiando il suo comportamento riceverà da te delle attenzioni che gradisce molto di più rispetto ai rimproveri.
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Buongiorno mi chiamo Rachele e ho una figlia di 1 anno e. 3.mesi volevo chiederle. Come. Mi devo comportare con il cellulare... Io a volte le lascio guardare video musicali e ballo con lei ma l educatrici all asilo mi hanno detto che non si dovrebbe dare il Cell prima. Dei tre. Anni. Lei cosa consiglia.? Grazie per l attenzione buona giornata
Buongiorno Rachele, grazie per il suo intervento.
In linea generale non c’è nulla di male se il bambino, anche in tenera età, viene avvicinato ad una tecnologia per brevi momenti occasionali, come ad esempio in attività mirate come fa lei (guardare un piccolo video, ascoltare una canzoncina e ballare assieme). Anzi, è certamente un’esperienza che può arricchirlo.
Il problema si crea quando l’esperienza virtuale si sostituisce in modo costante alle esperienze reali, perché toglie al bambino stimoli più importanti, cioè quelli mediati dall’interazione tra persone, e tra persone e ambiente.
Detto questo, dobbiamo sempre pensare che il cellulare è uno strumento, e come tutti gli strumenti va usato con cautela: deve avere uno scopo, rispondere ad un bisogno specifico.
Visto che lo scopo di un telefono è mettere in comunicazione a distanza le persone, è del tutto inutile che un bambino abbia un proprio cellulare prima di uscire da casa da solo (11? 12? 13 anni?). Tuttavia, non si può nemmeno pensare di attendere quel giorno affinché utilizzi per la prima volta in modo autonomo uno strumento oramai di uso quotidiano per ogni persona.
Perciò da oggi, che il suo bambino ha un anno, a quel giorno sarà importante avvicinarlo per gradi a questo strumento, preparandolo a conoscere e gestire soprattutto i rischi che affronta.
Grazie per il suo intervento, se ha bisogno di altro sono qua.
Alla prossima.
Pierluigi