Sei una mamma o un papà e ti stai chiedendo come educare un bambino di 2 anni, o perché non riesci a governare alcuni atteggiamenti di tuo figlio. Il suo linguaggio non è ancora sviluppato come quello di altri bambini della sua età e non sai come potergli spiegare le cose quando si impunta.
Non vuoi essere troppo duro/a con lui/lei, però di fronte ai suoi “no”, tipici, di questa fase, non sai come discuterci.
Perciò ti poni domande in continuazione su come educare un bambino di 2 anni, alle quali ma né tu né il/la tuo/a partner riuscite a rispondere adeguatamente.
Dagli esperti ottieni indicazioni su cosa fare e cosa non fare, ma sono sempre suggerimenti molto generici. I conoscenti, poi, ti forniscono punti di vista e consigli molto diversi tra loro.
Di conseguenza, le domande che tu e il/la tuo/a partner vi ponete sono sempre le stesse: come posso aiutare il mio bambino a farsi comprendere meglio? Devo pretendere che parli meglio o devo attendere?…
I dubbi su come educare bambini di 2 anni vengono a ogni genitore. Se anche tu stai vivendo una situazione simile, allora è utile che continui a leggere quello che ho scritto per te.
Nelle righe che seguono, infatti, troverai delle indicazioni importanti per capire come rispondere a tutte le tue domande. Non ti dirò cosa fare, perché lo capirai da solo, volta per volta. Io ti doterò, infatti, di una di un’efficace strategia per relazionarti con il tuo bambino con una maggiore sicurezza in te stesso/a e per evitare alcuni errori molto frequenti tra i genitori.
Qualora tu mi segua da poco, ti suggerisco innanzitutto di dare un’occhiata alla mia breve Guida su “come educare un bambino”. È un primo passo per capire una cosa fondamentale per un genitore, ovvero il senso che intende dare all’educazione. Questa è la prima cosa sulla quale invito a riflettere tutti i genitori e anche le coppie in attesa.
Se hai ben chiaro in mente in che modo interpretare l’educazione di tuo figlio e anche tu ritieni utile pensarla come un aiuto allo sviluppo dei suoi talenti, ora puoi comprendere le ragioni delle strategie educative che ti suggerisco in questo articolo e soprattutto come applicarle con il tuo bambino di 2 anni per favorire nel miglior modo possibile la sua realizzazione personale. Ciò che ti propongo si ispira a questi principi:
– avere un punto di partenza: il tuo bambino, oggi;
– avere uno scopo: fare emergere i talenti di tuo figlio;
– saper applicare delle competenze pedagogiche di base, ovvero: esercitare una funzione educativa (o di “guida”); applicare correttamente le 3 fasi dell’educazione; dare al bambino gli stimoli corretti al suo sviluppo.
In un articolo precedente ho spiegato in modo abbastanza approfondito che il punto di partenza e il punto di arrivo per un genitore nell’educazione dei figli è rappresentato sempre e solo dal bambino stesso. La differenza tra i due punti riguarda, quindi, il bambino, che giorno dopo giorno è diverso da ciò che era prima.
Mentre lo affianchi nel corso di quella continua trasformazione che riguarda la crescita, tu assumi nei suoi confronti una funzione educativa di “guida”. Attenzione, però, che non si tratta di un ruolo direttivo, in cui dire al bambino sistematicamente cosa fare e cosa non fare; questa funzione è più simile ad un’attività di scuola guida, in cui si insegna a guidare un mezzo ma senza indicare la direzione da prendere.
Quindi, tu agisci nei confronti di tuo figlio attraverso le 3 fasi dell’educazione: prima fai «per lui»; poi fai «con lui»; infine, quando è più sicuro, sei semplicemente presente mentre «lui fa».
Al fine di svolgere adeguatamente questo ruolo di guida, lo scopo che è importante perseguire è di fare emergere tutte le potenzialità del bambino, aiutandolo a svilupparle nel miglior modo possibile.
Detto ciò, adesso ti farò vedere come puoi utilizzare delle strategie adeguate a questo scopo con il tuo bambino di 2 anni.
Tra le più efficaci strategie utili a dare al bambino degli stimoli adeguati alla sua crescita, vi è quella che prevede di muoversi attorno alla «zona di sviluppo prossimale» del bambino.
Per fare un esempio molto intuitivo di cosa ciò significhi, pensa che quando il bambino viene messo di fronte ad un compito troppo difficile, si sconforta; se invece ne affronta uno troppo facile si annoia; quando poi il compito è esattamente al suo livello di competenza non si abitua ad usare delle nuove capacità.
La soluzione ottimale è mettere il bambino in una situazione leggermente più difficile rispetto a ciò che lui è in grado di fare (zona di sviluppo prossimale); ora ti spiegherò come metterla in pratica, nella vita di tutti i giorni.
All’inizio del post ho citato alcuni dei dubbi più frequenti in un genitore di un bambino di 2 anni, tra i quali il problema del linguaggio.
Questo aspetto, però, si inserisce anche in una fase delicata per il bambino, la cosiddetta età dei no. A 2 anni, la sua identità si sta iniziando a consolidare e lui ne è piuttosto fiero; al punto che fa notare continuamente la sua opposizione a ciò che gli si propone.
Dato, però, che il suo linguaggio è ancora povero, lui non è in grado di dare delle spiegazioni elaborate dei suoi pensieri; questo potrebbe indurre i genitori a etichettare i suoi comportamenti come dei capricci e magari a rimproverarlo.
Anziché dirti ciò che devi o non devi fare, io ritengo che sia tu a sapere meglio di chiunque altro cosa dire o non dire a tuo figlio. Perciò mi limito a fornirti solo alcune competenze che possono esserti utili a personalizzare in modo più efficace il tipo di risposta da dare al tuo bambino.
Infatti, io utilizzo questa situazione tipica solo a titolo di esempio, per trasmetterti una strategia che ti può essere utile in ogni frangente.
Ciò premesso, il comportamento del bambino va prima compreso e poi può essere accompagnato verso qualcosa di costruttivo, se necessario. Vediamo, quindi, come riuscire ad accompagnare la crescita del linguaggio del bambino, attraverso la zona di sviluppo prossimale:
A) il compito è molto al di sopra delle sue capacità: se si pretende che il bambino usi le parole anche quando non sa ancora parlare, e gliele si ripete in continuazione per fargliele apprendere, lui può vivere questo stimolo in modo molto frustrante.
Non è ancora il momento per lui di esprimersi con parole intere, perciò bisogna essere cauti nel richiedergli una certa precisione. Un bambino di 2 anni non è così sviluppato da produrre molte parole; il suo vocabolario in questa fase si riduce a poche unità.
B) il compito è molto al di sotto delle sue capacità: se l’adulto non utilizza un linguaggio articolato (anche se in una forma molto semplice), poiché ritiene che il bambino non lo capisca, tende a sotto-stimolarlo.
Per quanto piccoli possano essere, ai bambini si parla sempre; sia perché così imparano la struttura della loro lingua madre e acquisiscono nuovi vocaboli, sia soprattutto perché li rassicura vedere che l’adulto cerca di avvicinarsi al loro modo di comprendere.
Inoltre, è una strategia molto semplice per dare al bambino le attenzioni che ricerca, in una forma più sana rispetto a quelle assai frequente di rivolgersi a lui per vietare i comportamenti impropri.
C) il compito è esattamente al livello delle sue capacità: oltre a saper dire alcune parole in modo compiuto (mamma, papà, pappa, ecc.), un bambino di 2 anni inizia anche a produrre dei suoni simili alle nuove parole che sente pronunciare (es: bumba per acqua, tita, per matita, ecc.). La sua vivacità mentale è enorme, infatti, in pochissimi anni acquisisce una adeguata competenza linguistica.
Se l’adulto incoraggia l’uso di quelle parole ripetendole a sua volta (“Vuoi la bumba?”), il bambino sperimenta e rafforza l’uso di quella nuova competenza, ma tende a rimanere ancorato ad essa, cioè ad un modo rudimentale di esprimersi.
Adesso facciamo un passo in più e chiediamoci come fornirgli degli stimoli «leggermente» superiori alle sue capacità attuali.
La soluzione è piuttosto semplice. Anziché chiedere al bambino se abbia bisogno di bere della “bumba”, gli si chiederà se vuole “acqua”. Il bambino comprenderà certamente il significato del termine, anche se poi produrre una risposta con i mezzi di cui dispone (“Sì, bumba”).
Con il passare del tempo, appena acquisirà la capacità di articolare correttamente i fonemi, il bambino cercherà autonomamente di correggersi e scandire la parola nel modo giusto. Lo stesso avverrà per tutte le nuove parole che apprende.
Come vedi, non c’è bisogno di affrontare con ansia e preoccupazione dei comportamenti del tutto naturali del bambino. La cosa importante è cercare di comprenderli, per dare al bambino una risposta in grado di farlo crescere continuamente. Questo atteggiamento rafforzerà il rapporto tra te e il tuo bambino e aumenterà la sua fiducia in tutto ciò che gli dici, riducendo i margini ci conflitto.
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