Questa volta il bambino ha esagerato. Gli era stato detto di stare attento mentre gioca in casa ma lui ha fatto di testa sua e ha rotto un vetro. L’ira che si prova è insopportabile e si sente il bisogno di punirlo severamente.
Riguardo alle punizioni, ne parlo diffusamente in un articolo specifico e nella mia breve Guida sui capricci, a cui ti rimando se hai bisogno di approfondire la questione una volta per tutte.
Ti anticipo solo che di genitori che picchiano i figli ce ne sono diversi, ma se c’è un modo rapido e infallibile per costruire una personalità fragile è proprio quello di usare le mani. Perciò, se il tuo proposito è di favorire la solidità di tuo figlio, ti sconsiglio vivamente di farne ricorso.
Tra poco, scoprirai che questo irrefrenabile istinto che si accompagna a certi comportamenti del bambino è un grosso limite nella qualità del rapporto genitori – figli. Può alterare in modo significativo le proprie scelte e mortificare la relazione.
Ti spiegherò, invece, come affrontare i momenti difficili in modo da rafforzare il tuo ruolo educativo anziché perdere il contatto con tuo figlio. La strategia che acquisirai ti permetterà di gestire il tuo bambino senza rabbia e con maggiore efficacia.
Ricordo gli occhi di mia madre quando avevo dieci anni e ho rotto per sbaglio un vaso prezioso in soggiorno. Volevo far ridere il mio fratellino sventolando un bastone come se fosse una mazza da golf, ma ne ho perso il controllo e ho combinato un pasticcio di proporzioni bibliche.
Tra le tante ragioni per le quali stimo immensamente mia madre, c’è sicuramente la dimostrazione di forza che mi ha dato quel giorno. Benché non fosse tipa da alzare le mani, quegli occhi paventavano qualcosa di estremamente cruento in arrivo per me. Lei si è soffermate a guardare me e i cocci con aria incredula, nel silenzio più agghiacciante della mia vita.
Contavo i secondi in attesa di un responso, ma il tempo non passava. Ad un certo punto, lei mi ha ordinato semplicemente di andare in camera mia e non mi ha parlato per l’intera giornata.
Sapevo bene di aver combinato qualcosa di grave ed ero molto dispiaciuto; quel vaso era antico ed era un ricordo di famiglia al quale lei teneva molto. Scaricare la sua rabbia su di me non le avrebbe restituito il vaso, perciò si è mangiata la lingua. Ha avuto la lucidità di fermarsi a riflettere prima di prendere qualsiasi decisione. Non è da tutti.
Il giorno seguente mi ha dato alcune restrizioni, ma in realtà la cosa che più mi feriva era la sua evidente delusione, per cui ogni sorta di punizione era comunque nulla al confronto.
Prima ti ho accennato che alzare le mani sui bambini non aiuta affatto dal punto di vista educativo. Non si risolve un capriccio con un ceffone. Ora però voglio entrare nel merito degli effetti che produce sul bambino una relazione violenta.
Stiamo parlando di questo, infatti, di un rapporto basato sulla violenza; nella maggior parte delle situazioni, questa reazione evidenzia solamente il bisogno dell’adulto di recuperare il controllo di una situazione sfuggita totalmente di mano. Oltre, ovviamente, a una particolare fragilità.
Io ho seguito centinaia di bambini e ragazzi con problemi di ogni sorta; persone piene di difficoltà, in molti casi affette da disturbi molto seri (iperattività, autismo, ecc.) e in altri lasciate semplicemente a loro stesse, o vittime di un’educazione inappropriata.
Non ho mai avuto la necessità di schiaffeggiare un bambino per farmi rispettare; né ho mai fatto ricorso ad un tono di voce alto per farmi ascoltare. Eppure sono riuscito sempre ad interagire con bambini e ragazzi, per aiutarli a crescere.
Non entro nel merito della gestione di forme di aggressività eccessiva, perché il discorso sarebbe lungo; mi limito a farti notare che nella normale routine di una famiglia, il dialogo è del tutto sufficiente a interagire col bambino.
L’uso delle mani, invece, porta con se un insieme sterminato di effetti nocivi per il bambino e per il genitore. Li indico sommariamente di seguito, solo per far riflettere coloro a cui sfuggono.
– Effetti legali: se la domanda è “i genitori possono picchiare i figli?”, la risposta è semplice: no. Picchiare una persona, bambino o no, non è un’opzione contemplata dalla legge. Se un genitore picchia un bambino commette un reato. Punto.
C’è indubbiamente una certa indulgenza da parte di alcuni, alle volte anche gente istruita, verso una pratica “educativa” del passato come l’uso delle mani. Perciò più di qualcuno potrebbe girarsi dall’altra parte vedendo un genitore prendere a ceffoni il proprio figlio. Non tutti però.
Qualcuno, ad esempio, potrebbe intervenire; qualcun altro potrebbe persino denunciare l’episodio. Magari il bambino stesso potrebbe ribellarsi e chiamare il telefono azzurro, o chiedere aiuto alle sue maestre. È successo, e succederà ancora.
– Effetti fisici: alzare le mani può avere delle conseguenze fisiche importanti; in alcuni casi anche permanenti. Se il tuo scopo è la realizzazione personale di tuo figlio, capisci subito che questi effetti non sono auspicabili.
– Effetti psicologici: arriviamo alla nota più dolente, perché la meno visibile. L’aggressività che si riversa su un bambino tramite gesti violenti come uno sculaccione, uno schiaffo o cose peggiori che non oso citare, lascia una traccia indelebile nella mente del bambino.
È indelebile perché quel gesto è accompagnato da emozioni molto intense, come la paura, il terrore; questo rafforza immensamente il meccanismo di memorizzazione di un evento e lo fissa nella mente del bambino per sempre.
Inoltre, la figura che rappresenta il massimo riferimento del bambino in termini di protezione, il genitore, diventa un sadico avversario. Non serve un genio per capire quanto ciò possa creare dei traumi significativi in una persona.
– Effetti educativi: Dal momento in cui le percosse entrano a far parte della routine di una famiglia, il bambino inizia a osservare la relazione con i suoi genitori attraverso la lente della paura. La relazione tra di loro non sarà più genuina, la fiducia reciproca sarà minata e recuperarla sarà piuttosto difficile.
Nel genitore si forma forse l’illusione di avere il controllo sul bambino, cosa che di fatto non ha. Il riscontro che lo gratifica dipende solo dall’asservimento del bambino, che è impotente di fronte all’adulto. Quel tipo di dinamica, però, non permetterà mai al bambino di esprimere se stesso.
Intatti, il suo bisogno di adoperare le proprie abilità e perseguire le proprie ambizioni sarà sempre castrato dal timore delle ripercussioni che potrebbe incontrare.
Se sarà un ragazzo mite, si limiterà ad accondiscendere alle disposizioni genitoriali e, verosimilmente, a quelle di chi deciderà per lui. Se sarà una persona di maggiore temperamento, tenderà probabilmente a far emergere il conflitto con i suoi genitori, magari su un terreno utile a farli sentire inferiori a lui e nel quale poter agire la propria vendetta.
In ogni caso, un bambino cresciuto con la violenza sarà un adulto fragile, poiché sarà sempre condizionato dall’esigenza di fuggire da qualcosa anziché di esprimere ciò che è. Nella peggiore delle ipotesi, tenderà ad utilizzare la violenza come soluzione ai problemi.
Ora ti spiego come fare a mantenere il controllo su te stesso e sul tuo bambino, senza ricorrere alla violenza. Gli aspetti su cui concentrarsi sono due:
• Autocontrollo: Quando interagisci con tuo figlio, è buona norma tenere sempre a mente gli effetti che producono le tue azioni. Se le emozioni stanno alterando il tuo pensiero, perché sei in preda all’ira, è meglio evitare di prendere una decisione. In seguito, avrai tutto il tempo di prendere le decisioni che ritieni: vietare la tv, togliere lo sport, ecc. (ma ti suggerisco di leggere il mio articolo sulle punizioni).
Lo so che sei arrabbiatissimo/a, ma sei anche un genitore. Questo significa che tra le quattro mura domestiche sei contemporaneamente tante persone in una: mamma/papà, medico (curi le sue ferite), maestro/a (lo aiuti coi compiti), meccanico/a (gli aggiusti la bici), barbiere/parrucchiera, ecc. non ultimo, sei poliziotto e anche giudice.
Se accade qualcosa di grave, devi indagare per capire le responsabilità di tuo figlio; una volta comprese, sei tu che lo giudichi e ne sanzioni il comportamento. Questo comporta da parte tua la necessità di affrontare ogni decisione con estrema cura e tanto autocontrollo.
• Causa-effetto: Ti suggerisco di avere sempre bene a mente l’effetto che vuoi avere con il tuo intervento educativo. Diciamocelo francamente: se tuo figlio manda in frantumi una finestra col pallone, il fatto di schiaffeggiarlo non ti restituirà la finestra. Picchiarlo non lo aiuterà a capire meglio ciò che già sa, cioè che la finestra funziona meglio integra.
Di conseguenza, se ti focalizzi sul problema a mente lucida (eventualmente il giorno dopo), ti rendi conto del senso da dare al tuo intervento. Allora, poniti delle domande:
– Vuoi punirlo perché sei arrabbiato? Un rimprovero è sufficiente.
– Vuoi fargli pagare il danno causato? Benissimo, può rinunciare al luna park per ripagare parte della finestra.
– Vuoi che si responsabilizzi sul gesto compiuto? Puoi cercare una soluzione affinché capisca che il suo gesto ha delle conseguenze.
– Ecc.
Come vedi, è possibile agire senza l’assillo delle emozioni, ottenendo molto di più. In questo modo, non interrompi il dialogo con tuo figlio e non mortifichi la tua immagine di genitore equo. Inoltre, puoi finalizzare il tuo intervento disciplinare in modo mirato ed efficace.
Ti assicuro che le volte seguenti, tuo figlio riuscirà a controllarsi molto meglio. Inoltre, il tuo maggiore vantaggio è che lui non avrà alcuna paura a confessarti un danno causato, perché sa che verrà trattato in modo equo.
Quindi non correrai il pericolo che ti taccia un problema che possa diventare ancora più grande, se non gestito. Non c’è bisogno che ti dica quanto sarà alleggerito anche il tuo lavoro di “poliziotto/giudice”…
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