Nell’educazione del passato, la coercizione era una pratica molto frequente per esercitare il controllo sul bambino. Se leggi alcuni commentatori, troverai ancora oggi chi sostiene l’utilità di usare con il bambino il rimprovero e fin le percosse come strumenti educativi. Questi non hanno una formazione pedagogica, perciò parlano di educazione in modo superficiale; sono però molto pericolosi perché rischiano di essere presi sul serio.
Lo scopo dell’educazione è far emergere le peculiarità del bambino, e per farlo l’attenzione educativa non va posta sulla coercizione e sulle punizioni; un genitore non è un gendarme né un giudice. Save The Children esprime benissimo il rifiuto della violenza verso i bambini: “Schiaffi e sculacciate ma anche le urla, le minacce, l’umiliazione sono punizioni dagli effetti estremamente controproducenti”.
Per raggiungere questo scopo, il genitore è molto più efficace se si basa sul dialogo con il figlio, sull’ascolto delle sue necessità, sull’osservazione dei suoi cambiamenti, sulla capacità di adattarsi all’evoluzione del bambino e dei suoi bisogni.
Forse qualcuno ti dirà che è molto più semplice gestire il bambino con qualche rimprovero; e magari a te sembrerà a prima vista una cosa più facile da gestire. Se così fosse, ti dico due aspetti che ti possono far cambiare idea.
Non è affatto detto che sia più semplice ottenere il controllo del bambino alzando la voce. Un tempo questo era più semplice perché l’intera società era austera: se andavi dal salumiere e non salutavi appena entrato, rischiavi di sentirti rimproverare per questa semplice mancanza. Oggi, invece, in molti casi un bambino non prende in seria considerazione nemmeno le minacce dei suoi insegnanti.
Non è nemmeno detto che sia più efficace. Molti dei bambini che ho seguito e che avevano delle difficoltà particolari, come una forte vivacità oppure un disturbo come l’iperattività, sono stati gestiti inizialmente con il pugno di ferro dai loro genitori; questo ha semplicemente amplificato il problema, trasformando le difficoltà del bambino in un terremoto in grado di condizionare per anni la vita dell’intero nucleo famigliare. Per non parlare delle tensioni che si possono scatenare nel rapporto genitori figli in adolescenza, oppure le eventuali rivendicazioni nel rapporto tra genitori e figli adulti.
Il dialogo con il bambino è l’unica strada percorribile oggi per costruire un buon rapporto con i propri figli, consentendo loro di coltivare le migliori opportunità di realizzazione personale.